L’Italianella ha dismesso il vecchio vestito e la Svezia se
l’è preso, forse addirittura da quella sera di Milano quando le due squadre si
incontrarono e poi ai cugini è toccato un velo luttuoso per tre anni. È il
vestito del catenaccio, che di solito te lo metti quando vai alla festa della
birra ma se ti presenti conciato in quel modo a un qualche ricevimento fighetto
ti chiudono le dita nella porta. Noi svizzeri dobbiamo far finta di nulla, che
il vestitone, anche se detto esoticamente verrou, l’abbiamo adottato noi per
primi, insegnatoci da Rappan, un austriaco, almeno questo.
In questo Europeo l’ha provato anche l’inadatta Turchia, ma
la giovine Italia l’ha denudata con quello sforbiciare nuovo che le ha
inculcato Mancini, che è un supermostro d’eleganza, dal ciuffo ai piedini. L’ha
esibito un po’ anche il Galles, invero, ma contro la compassata Elvezia non è
stato un test attendibile.
Ieri sera, allora, se l’è ripreso la Sveziona e in quella
guisa da terrore alla Gambardella (partecipo alle feste per farle fallire) ha
malmenato la Spagna ottenendo un pareggino orrido fin che si vuole, ma è come
quando si porta a casa la pelle dopo una sbornia da tregenda, per restare agli
ambientacci da catenaccio. La Spagnuccia sangriosa ha proposto le sue moine da
sfilate inappetenti, scordando quel rettangolo che si chiama porta e dentro la
quale tirare il pallone. Il vestitone-catenaccio dei rudimentali vichinghi ha
sbarrato porte e portoni con l’eleganza del bue dopo la comida, ma conta,
eccome.
Visto che il vestitone novecentesco funziona ancora,
scommettiamo che alla prima sconfitta dell’Italianina frizzi e lazzi qualcuno
tornerà a invocarlo, magari chiedendolo in ginocchio alla Svezia? Chiellini
sarebbe promosso a influencer, nel caso.
(Nella foto Olsen, portiere della Svezia)