EUROPEO 2020: SVIZZERA NEL CAOS?
Tra il dire e il fare...
Lo psicologo sportivo Diego De Gottardi analizza i problemi "interni" alla Svizzera
Pubblicato il 19.06.2021 09:52
di Red.
Capire perché la nazionale svizzera abbia offerto una prestazione così scialba, al limite dell’irritante, mercoledì scorso a Roma contro l’Italia, non è certo facile.
Ci sono sicuramente degli aspetti tecnico-tattici che non hanno funzionato ma è altresì probabile che l’aspetto mentale abbia svolto un ruolo fondamentale.
Lo abbiamo chiesto a Diego De Gottardi, psicologo sportivo e ovviamente tifoso della nostra nazionale.
Ecco qui sotto la sua analisi.
“Una delle cose che balza subito all’occhio è la discrepanza tra ciò che si dice e ciò che si fa. In questo senso torno sulle parole di Petkovic, che aveva sempre detto che avrebbero giocato quegli elementi con più minuti nelle gambe. Mi sembra che non siastato  così. Un esempio su tutti è Rodriguez, un giocatore che non si è mai risparmiato e che mi è sempre piaciuto, ma che contro l’Italia ha fatto molta fatica.
Vlado ha fatto perciò delle scelte conservative, preferendo affidarsi a quello zoccolo duro su cui aveva sempre fatto affidamento. Alla vigilia della gara aveva però detto che avrebbe messo in campo la squadra migliore per provare a vincere. Tutti si aspettavano qualche novità, qualcuno di più fresco. E invece… niente.
L’impressione è che l’allenatore abbia attuato così per difendere la propria panchina: se cambi qualcosa e poi perdi, ti esponi inevitabilmente alle critiche. Così facendo invece la colpa ricade soprattutto sui giocatori. Le scelte dell’allenatore, che non ha saputo rinnovare e osare, si riflettono poi in campo, dove la Svizzera è sembrata lenta, soprattutto di testa, nel reagire alle varie situazioni.
Si potrebbe parlare anche del caso Sommer: ovviamente non abbiamo perso per colpa sua, ma è chiaro che la sua prestazione non sia stata eccellente. Mi chiedevo se non fosse inconsciamente distratto dal pensiero del parto, se la sua energia psichica, che non si può controllare, non fosse venuta un po’ meno. Dare una chance a un altro portiere, in quella situazione sarebbe stato un messaggio importante per tutti. Si eviterebbero così che dei pensieri “selvaggi” si insinuino nella testa dei giocatori, che a un certo punto potrebbero pensare che “se non faccio parte dello zoccolo duro, non gioco mai”.
La stessa cosa vale un po’ anche per Gavranovic: dopo la gara con il Galles ho cercato di interpretare il suo linguaggio del corpo quando è uscito dal campo e si è incrociato con Petkovic. Non mi è sembrato che ci fosse un gran contatto tra i due.
Mi sembra che in questi anni proprio Petkovic abbia dimostrato delle lacune a livello comunicativo: un episodio su tutti quello con Behrami. Se è vero che adesso è arrivato Tami a dare una mano in questo senso, mi sembra che internamente ci sia sempre una difficoltà a livello di comunicazione.
Un ultimo aspetto, altrettanto importante e di cui si parla spesso, è quello legato alla leadership.
Mi pare di poter dire che Xhaka e Shaqiri, deputati a essere i leader della squadra, caratterialmente non siano così adatti. Se i presunti leader non vengono riconosciuti dai compagni, è possibile che all’interno del gruppo si sviluppi del malcontento. Sono problemi che poi si dilatano quando le cose non vanno bene.
Ora sarà interessante vedere, al di là del risultato, l’impegno che la squadra metterà in campo contro la Turchia. Mi aspetto di vedere un atteggiamento simile a quello che sfoggia regolarmente la Danimarca: alla fine i danesi hanno perso, è vero, ma dal campo sono sempre usciti a testa alta e accompagnati dagli applausi del pubblico.
A queto punto non resta che tirar fuori una bella reazione e mostrare di avere carattere, poi a bocce ferme ci sarà tutto il campo per capire in maniera trasparente quali siano veramente i problemi e come fare per risolverli".