CALCIO
Azteca
Lì dentro ci aspettavano gli inglesi, ancora tronfi di Falkland 
Pubblicato il 23.06.2021 11:31
di Giorgio Genetelli
22 giugno 1986
Mi ero letto tutta la saga di Gary Jennings, la notte della vigilia, senza dormire; la mattina camminai nel giardino dell’albergo a farmi venire il mal di pancia; il pomeriggio salimmo sul torpedone e coi finestrini aperti respirammo lo smog dei duemila metri, altro che cielito lindo. Città del Messico era tutta in strada. L’Azteca fumigava nel sole come il Popocatepetl, che cazzo di emblema. Lì dentro ci aspettavano gli inglesi, ancora tronfi di Falkland mentre noi rimasticavamo derelitte Malvinas. I messicani fantasticavano Tenochtitlan galleggiante sul lago tra i vulcani.
Niente era come sembrava.
Quando Diego segnò l’uno a zero pareva aver colpito il pallone con la testa, e già sarebbe stata una cosa magica, visto che il portiere inglese lo sopravanzava di venti centimetri. Io ero piantato a centrocampo, il mio compito era di non andar via da lì, mai. Da quella costrizione, che non abbandonai neanche per festeggiare il vantaggio, potevo però vedere tutto. Tranne il vero soprannaturale: la mano di Diego appena sopra la testa. L’avrei capito solo la sera, alla tivù e con il ralenti. I messicani, che hanno un rapporto stretto con il senso della sopravvivenza, colsero subito l’atto costituente di Diego e ringraziarono Quetzalcoatl e Pancho Villa.
La mia partita andò avanti a colpi e urti, in mezzo a un campo che era diventato una tempesta. Recapitavo a Diego i pochi palloni abbruttiti che mi arrivavano, lui li strofinava con i piedi e li riconsegnava belli e ribelli come i bambini di Villa Fiorito.
Quando partì da sotto metà campo e fece quel gol lì, penso che fosse mosso dal noto proclama “ora vi faccio vedere”. E infatti ci fece vedere qualcosa mai esistito prima. L’Azteca eruttò e per un attimo mi riposai, seduto nel cerchio di centrocampo, mentre tutto si muoveva all’unisono, in un mondo perfetto.
Il giovane azteco di Gary Jennings era miope, ma secondo me l’avrebbe vista anche lui quella roba lì, alla quale non si riesce nemmeno a dare un nome e sarebbe volgare perfino pensarlo. Immortale.