La notte non è finita, l’acqua cade ancora con dolcezza
sempre imprevista, il silenzio è spezzato da voci e suoni. Dalla Romania arriva
un soffio d’estate atteso da dieci anni, quando in una sera londinese la
Svizzera giovane perdeva la finale dell’Europeo U21 contro la Spagna, lasciando
un senso di fierezza velato di malinconia per l’amore sfuggito. C’è strada da
fare, si disse, ma sembra bella. Vedremo.
Ora vediamo, sentiamo il profumo di una Bucarest tutta
rossa, che tifa per loro e li aiuta nella più grande impresa del calcio
svizzero, chiamato ad opporsi alla Francia campione del mondo, una squadra
composita e di immenso talento. La Svizzera ne ha meno. Ne ha meno? Forse nei
piedi acrobatici, forse nella furbizia che serve per le grandi recite, forse
nella Marsigliese che invita alla lotta e non alla preghiera. Ma non sta tutto
qua il talento, nelle cose istintive che la natura distribuisce un po’ ingrata:
sta nella testa, nel lavoro costante di ripulitura delle idee, nel progresso.
Il leader Petkovic ha sciacquato in cinque giorni le ultime incrostazioni dei
suoi giocatori, forse aiutato da Tami, che era l’allenatore prezioso di quei
ragazzi del 2011 e ora è qua a cullarne la forza e le fragilità.
Quando la Svizzera entra in campo si mette la mano sul cuore
e lo sente rullare, un ritmo di prontezza che chiama a raccolta tutti, compresi
gli scettici e i sofisti, quelli che mandarono a morte Socrate regalandogli
però l’immortalità.
Bucarest si schiera subito dalla parte giusta, quella nobile
degli sfavoriti. Ruggisce al primo gol di Seferovic che con le cosce alla
Abdujaparov esplode sopra Lenglet. Si dispera quando in capo a un quarto d’ora
di tempesta Pogba porta la Francia oltre quelle Colonne d’Ercole che la
Svizzera di terra e di montagna non ha mai saputo superare.
Eppure, seppure affranti, ci si ricorda che il mondo è da
scoprire con il coraggio e che solo così si conquistano emozioni e conoscenza
che fanno virtù. Torna Seferovic, lo segue Gavranovic e ora Bucarest è l’oceano
infinito, increspato come la pelle dai brividi. La Francia è raggiunta dal
veliero pirata e una vita esperta tra la salsedine non basta più: è il momento
degli uomini di terra, della Svizzera che ormai rappresenta un continente,
Grütli Balcani Bucarest Ticino.
Ancora è buio, ancora piove a dirotto quando si scorge la spiaggia
dei rigori. Sulla coffa c’è Sommer, il portiere, che discende a volo d’aquila
nel solo istante possibile e con la mano sinistra aperta come un diario di
bordo scrive l’ultima frase immortale.
Questa notte non finisce più. Bianca come quelle di
Pietroburgo, la prossima terra.