La Svizzera ha cominciato a vincere la
partita contro la Francia dopo la “scoppola” subita con l’Italia. Le scuse
pubbliche di Vladimir Petkovic, i cambi di formazione e le correzioni tattiche
che hanno ridato equilibrio, solidità e criterio alla squadra, le critiche che
hanno punto nell’orgoglio i singoli e il gruppo, ricompattandolo, hanno gettato
le basi dello storico successo contro i campioni del Mondo.
“La Svizzera ha il dovere di crederci”, avevamo scritto dopo la disfatta contro gli azzurri e fa sorridere oggi ripensare a quei disfattisti - in gran parte mossi dall’amore per la Nazionale, quindi pienamente assolti - che non avrebbero neppure voluto giocare la partita contro la Turchia e volevano l’esonero immediato del CT. La logica del “tanto peggio, tanto meglio”, produce solo disastri, nella vita come sul campo. E nel calcio non è mai finita fin quando non è finita. Vale per le partite, per gli allenatori, per i calciatori. L’Italia ha vinto un Mondiale, e perso una finale, qualificandosi come miglior terza.
Vlado, che aveva fatto disastri nei primi due match dell’Europeo, ieri ha impacchettato la partita dando una lezione di calcio a Deschamps e ai suoi Avengers, non proprio gli ultimi arrivati. La Svizzera ha giocato una partita difensiva spettacolare: l’unico approccio possibile contro una squadra nettamente più forte nelle individualità (e alla faccia di chi dice che non può esserci bellezza nel sapersi difendere). Due linee strettissime in fase di non possesso a soffocare con la densità ogni spazio ai fuoriclasse francesi (che sacrificio da parte degli attaccanti!) e per questo spesso costretti alla sterile giocata orizzontale in fase d’impostazione; pressing alto esercitato con giudizio; organizzazione scientifica e armoniosa nei movimenti di squadra; coraggio, personalità e determinazione nel palleggio, nella giocata individuale e nel sapersi proporre in avanti con 4-5 uomini quasi ad ogni possesso palla. Sembrava una livella la Svizzera, capace di rimanere sempre in bolla nei vari sali e scendi della partita. Non sottovaluterei la partita della Nazionale da un punto di vista tecnico, che è il presupposto fondamentale di ogni articolazione del gioco, altrimenti è solo improvvisazione, catenaccio alla viva il parroco, una supplica alla fortuna. Nutrivo delle riserve, e le avevo espresse, sulla qualità media della rosa dopo le prime 3 partite: felice di averle viste evaporare.
“La Svizzera ha il dovere di crederci”, avevamo scritto dopo la disfatta contro gli azzurri e fa sorridere oggi ripensare a quei disfattisti - in gran parte mossi dall’amore per la Nazionale, quindi pienamente assolti - che non avrebbero neppure voluto giocare la partita contro la Turchia e volevano l’esonero immediato del CT. La logica del “tanto peggio, tanto meglio”, produce solo disastri, nella vita come sul campo. E nel calcio non è mai finita fin quando non è finita. Vale per le partite, per gli allenatori, per i calciatori. L’Italia ha vinto un Mondiale, e perso una finale, qualificandosi come miglior terza.
Vlado, che aveva fatto disastri nei primi due match dell’Europeo, ieri ha impacchettato la partita dando una lezione di calcio a Deschamps e ai suoi Avengers, non proprio gli ultimi arrivati. La Svizzera ha giocato una partita difensiva spettacolare: l’unico approccio possibile contro una squadra nettamente più forte nelle individualità (e alla faccia di chi dice che non può esserci bellezza nel sapersi difendere). Due linee strettissime in fase di non possesso a soffocare con la densità ogni spazio ai fuoriclasse francesi (che sacrificio da parte degli attaccanti!) e per questo spesso costretti alla sterile giocata orizzontale in fase d’impostazione; pressing alto esercitato con giudizio; organizzazione scientifica e armoniosa nei movimenti di squadra; coraggio, personalità e determinazione nel palleggio, nella giocata individuale e nel sapersi proporre in avanti con 4-5 uomini quasi ad ogni possesso palla. Sembrava una livella la Svizzera, capace di rimanere sempre in bolla nei vari sali e scendi della partita. Non sottovaluterei la partita della Nazionale da un punto di vista tecnico, che è il presupposto fondamentale di ogni articolazione del gioco, altrimenti è solo improvvisazione, catenaccio alla viva il parroco, una supplica alla fortuna. Nutrivo delle riserve, e le avevo espresse, sulla qualità media della rosa dopo le prime 3 partite: felice di averle viste evaporare.
Due parole sui calciatori, allora, in una partita dove è
difficile pescare i migliori tra i migliori. Per me Elvedi, Zuber e Seferovic.
E poi Xhaka, che merita sempre un discorso a parte. Il capitano della Svizzera
ieri sera è stato autore di una partita monumentale. La Nazionale ha giocato
alla frequenza del battito del suo pensiero e del suo cuore, ispiratissimo
nelle idee e nei sentimenti. Impressionante la lucidità, la vigoria fisica e la
precisione mantenuta fino all’ultimo tempo supplementare. I 3 secondi
(riguardateli) che conta prima di servire in profondità Gravranovic sul
pareggio, sono la bacchetta del direttore d’orchestra quando detta l’entrata
del solista in partitura. Poesia da metronomo, ode allo spazio e al tempo, la
formula essenziale del gioco. Confermo il giudizio complessivo su Xhaka: un
buon giocatore e non un campione. Con una nota a margine: sa giocare grandi
partite. Credo sia questa la sua dimensione, l’unità di misura con la quale
giudicarlo correttamente, senza fare torti né al calcio né a lui.
Ma la lezione più importante appresa dalla Nazionale nel
girone e messa in pratica in modo sublime contro la Francia, è che nei 90
minuti - o addirittura nei 120 - ci sono due, tre, quattro partite, da
interpretare in modo diverso. La Svizzera le ha giocate e vinte tutte con
merito, ieri sera, riuscendo addirittura a rimanere aggrappata alla gara anche
dopo aver sbagliato un rigore destabilizzante da un profilo psicologico, o
quando si sono manifestati gli X-man e hanno sfacciatamente ribaltato il
risultato con l’ingiustizia propria dei fuoriclasse (il controllo sul primo gol
di Benzema attiene alla fantascienza, non alle cose umane). Non si possono
avere ambizioni da vertice, se non si riesce a rimanere sempre nella partita,
capiti quel che capiti. La Svizzera, da questo profilo, è pronta per essere una
grande squadra.
Ora c’è la Spagna e sembra tutto più facile dopo aver
battuto i campioni del Mondo. Una sensazione da scacciare, il primo errore da
non commettere. Come eravamo stati profeti dell’acqua calda nel prevedere che
le polemichette sui capelli ossigenati e le automobili, sarebbero state
spazzate via dal vento di una grande vittoria, ci sentiamo di predire
altrettanto facilmente che l’euforia è il peggior avversario della Svizzera da
qui a venerdì. L’entusiasmo della vittoria contro la Francia va incanalato
verso l’alto. Perché dai quarti, per tutte le squadre, la strada sarà più in
salita e non i discesa. Ed è questo il bello di essere tra le prime otto
d’Europa.