“Uno di questi giorni ti alzerai cantando poi spiegherai
le tue ali.”
C’è quell’attimo sospeso tra il fatto e la sua conferma,
dove i respiri sono trattenuti e tutta l’aria buttata fuori per gridare Gol!
non rientra più nella gola chiusa. Tra la parata e il tentennare dell’arbitro
sono meno di due secondi, ma coi polmoni vuoti è un’apnea da profondità
oceanica e si sente la pressione sulle tempie. Colui che ha compiuto il fatto
dovrebbe essere il più esaltato e invece guardatelo e riguardatelo: si rialza
dal tuffo-prodigio e sta fermo muovendo solo le mani nel gesto della calma da
trattenere. Questo è il time, è estate, lui è Sommer, portiere della Svizzera. Attende
che l’arbitro argentino del match convalidi la sua parata decisiva, che in
tempi di Var va rianalizzata nella sua dinamica per scorgere un eventuale piede
che abbandona la linea di porta prima che Mbappé calci. Mbappé è il quinto
rigorista della Francia e in lui si posano e si sfaldano le speranze di
pareggio. Sommer sa di aver giocato sul filo bianco, centimetri da dentro o
fuori che percepisce con quel senso innato della posizione che è la sua più
grande qualità. Nella sua divisa verde si arresta dopo la respinta a mano
aperta, non esulta e guarda l’arbitro con tutto il sangue freddo del mondo,
mentre a metà campo i suoi compagni sono già scattati per raggiungerlo e tutti
assieme cogliere la gloria, e noi tifosi sparsi per il mondo non facciamo caso
a niente perché è tutto troppo bello per non essere vero, tra un salto a toccare
il soffitto e una sedia rovesciata.
È vero! La parata è valida. Può partire anche Sommer verso
la bandierina a braccia aperte e poi chiuse a stringere lo stemma sulla maglia,
libero e felice, abbandonando sul posto quella frazione di tempo sospeso, perduto
e sbriciolato assieme alle macerie della Francia in fondo a una partita senza
eguali. Ora si può richiamare il fiato di tutti quanti, che stava fuori a
carbonizzare l’atmosfera, e delirare a piacimento, allungando questa notte nel
time dell’eternità dove Ella e Janis cantano per sempre quel pezzo di Gershwin.