Europeo 2020
I rigori invernali di Pietroburgo
Sbagliamo tre penalty e perdiamo. Fine delle metafore, fine di tutto. Non ci resta che la quotidianità
Pubblicato il 03.07.2021 08:16
di Giorgio Genetelli
Arriviamo a Pietroburgo in quella stagione di luce continua, biancastra come le maglie della Spagna mentre le nostre sì che sono in tema, un rosso da rivoluzione. Non è facile, gli altri hanno scoperto e distrutto mondi nel nome della fede, noi siamo solo poveri mercenari decaduti ma con lo stesso orgoglio del ticinese Trezzini che costruì questa città mescolando pietre fango e gelo. Senza di lui non ci sarebbero i demoni, i delitti e i castighi di Fedor e non ci sarebbe nemmeno questa sfida. Senza Pietroburgo chissà come sarebbe andata avanti la storia?
A dirimere la questione un inglese, che come tutti gli abitanti di quell’isola crede ancora nell’Impero. Noi che siamo rappresentanti di una Repubblica abbiamo dunque davanti re zar regine e via dicendo.
Ci azzoppiamo subito da soli: il nostro compagno nero Embolo cade sulla linea di fondo e la sua avventura finisce. Già avevamo dovuto lasciare fuori il Capitano Xhaka, e al suo posto il vivandiere Zakaria ce la mette tutta ma ci tira in porta trasformando Sommer in una statua invernale.
Gli spagnoli insistono a chiuderci in un ridotto e davvero sembriamo una resistenza azteca, pressata dalla storia ma precisa e pronta. Quando i conquistadores mostrano segni di stanchezza o noia, noi cominciamo a uscire e pareggiamo le sorti con un colpo dell’uomo-piroetta Shaqiri. Si sente profumo di vittoria ora, come quando si scalda il minestrone e la casa si avvolge di piacere.
Qui, però, la nobiltà che si riconosce dalla puzza usa il tallone di ferro. Il giudice isolano si erge oltre i suoi compiti e scaccia dalla contesa il nostro alfiere Freuler con una sentenza ignominiosa e irrimediabile. Per noi è come perdere un torrione e ormai non ci resta che difenderci a oltranza, provando a far dibattere gli spagnoli nella loro stessa ragnatela che tesserebbero anche da morti. Il tempo si allunga a dismisura fino ai rigori, che non sono quelli della Neva d’inverno ma solo i calci solitari e finali. Siamo pronti per ribaltare torti e sorti.
Poi ne sbagliamo tre e perdiamo. Fine delle metafore, fine di tutto. Non ci resta che la quotidianità.