Il Tour de France
non è mai andato così veloce.
Per alcuni è una
cosa “disumana” e presto o tardi qualcuno scoppierà per forza.
Lo ha detto a
Marca anche l’ex ciclista Joseba Beloki, che in un’intervista oggi dice che “non
si possono mantenere certi ritmi”.
Un primo dato curioso,
ancorché poco utile per l’analisi che vogliamo fare di questi giorni, è la
differenza tra il ciclismo del 1903, anno del primo Tour e quello di questi ultimi
anni. All’epoca i corridori andavano a una velocità media di 25,68 km/h, lo
scorso anno (2020) Pagacar andò a 39,87 mentre quest’anno vola a 42,98 km/h.
Quasi 43. Impressionante!
La spiegazione potrebbe
arrivare da Matxin, direttore della squadra di Pogacar, il Team Emirates: “Qui
ci sono i migliori ciclisti che sono arrivati nel loro migliore momento. Stanno
infatti preparando tutti i Giochi Olimpici ed è normale che in questi giorni
vadano al massimo”.
Un’altra motivazione
più che plausibile potrebbe arrivare, oltre che dal percorso, senza dubbio dal
ricambio generazionale in atto. Per qualcuno è normale che i giovani presto o
tardi saranno i migliori, ma è anche sorprendente la maniera rapida in cui lo
stanno facendo. Tra i primi tre della classifica, due sono in lotta anche per
la maglia del miglior giovane. Una cosa che un tempo era impensabile.
Pogacar, Bernal, Vingegaard,
Van Aert, Van der Poel, Evenepoel e Ayuso, si stanno imponendo, chi più chi
meno, a un’età giovanissima. Una volta si raggiungevano queste vette all’età di
24 o 25 anni, adesso lo si fa molto prima.
La vera domanda è
sapere quanto tempo durerà la loro carriera. Tra stress, stanchezza e
privazioni, non tutti sono disposti ad andare avanti a lungo. Molti, anche
promettenti, si ritirano già in giovanissima età.
Intanto però chi
continua lo fa con una forza e una determinazione impressionanti.
Insomma, come
fanno ad andare così forte? I motivi potrebbero essere diversi.
La razza umana è
più forte (più allenamenti, miglior alimentazione, ecc…) e nelle categorie
inferiori l’irruzione del potenziometro (che continua ad essere uno strumento
molto discusso, così come l’utilizzo delle radioline) si nota tantissimo. Oltretutto,
sostengono i ciclisti di un tempo, non si corre più pensando alla tappa che
verrà, quella più insidiosa: ormai si pensa solo a spingere sui pedali più
forte ogni giorno. “Poi si vedrà…”.
Un’altra
curiosità, o meglio una figura che sta (forse) lentamente scomparendo, è quella
del gregario. Ci sono ancora Castroviejo, Erviti, Van Baarle, Rowe e pochi
altri, ma in futuro ci saranno ancora?
Il dibattito è
aperto: c’è chi è convinto che ormai i giovani abbiano un’altra mentalità (non
hanno più voglia di restare nelle retrovie ad aiutare i “capitani e partono a
tutto gas lanciando fughe che una volta erano impensabili) e chi invece crede
che il Pogacar di turno avrà sempre bisogno della squadra per vincere.
Il problema è
inculcare quest’idea ai giovani, far capire loro che si può diventare qualcuno
anche senza vincere le gare. Più facile a dirsi che a farsi. Soprattutto in
questa epoca.
Intanto il Tour
sta concludendo la sua terza settimana e Pogacar sembra inavvicinabile. In
pratica ha già vinto la corsa dopo la prima settimana. Rispettando il pronostico.
Gli altri ci provano,
ma inutilmente.
E nonostante
questa mancanza di suspence, per molti questa è la più bella corsa degli ultimi
dieci anni.
Come dire che il
ciclismo, nonostante i sospetti e le inevitabili polemiche, resta uno degli
sport più amati dalla gente.