Il Brasile ha cozzato contro un altro Maracanazo perdendo la
Copa America, battuto dall’Argentina. Come dice il collega d’assalto Luca Sciarini,
partita bruttissima. Ma come? Eh sì, il calcio sudamericano si è disseccato,
forse addirittura perduto, a dispetto dei suoi giocatori che sono quasi tutti
al soldo dell’Europa. Anzi, forse è proprio per questa migrazione che quel
favoloso continente ormai delude, snaturato nella sua gioia e nella sua ferocia
dai tatticismi di noi vecchi strateghi, che andiamo bene per il Vecchio
Continente ma se proviamo a esportare le nostre conoscenze imperialistiche
tramite i calciatori di laggiù la cosa riesce come una minestra allungata e
acida.
È come quando Plinio Martini parlava degli emigranti
ticinesi, che a un certo punto non si sentivano più né di qua né di là.
L’Argentina, a modo suo, riesce comunque a non trasfigurarsi
troppo, dato il suo gioco arcigno e scontroso. Gioca male, certo, e Messi è
quasi il peggiore della serata, ma la sua tradizione da combattimento non è
troppo violata dalla modernità europea. Quello che ne esce peggio è il Brasile,
che oltre a perdere la finale, ha perso anche la sua identità. Di futbol
bailado neanche l’ombra, tutti sembrano spaesati e alla ricerca cieca di
qualcosa che hanno ma non trovano più, vestiti come sono di una corazza europea
che non è una difesa ma una prigione per le loro emozioni. È sparita la
creatività, si vedono passaggi sbagliati che fanno inorridire anche i ricordi,
appare spesso invece una durezza fuori luogo, con tackle affondati inutilmente
e goffamente mancati.
Purtroppo, tecnologia e preparazione stanno omologando tutti
i mondi del calcio. E se perfino tra i dilettanti si parla di roba come
“quinto” o “scarico”, figurarsi per i professionisti. Un conformismo che solo
l’Europa riesce a volte a spezzare perché è pur sempre all’avanguardia nella
ricerca di cose nuove. Il Sudamerica invece resta lì a coprirsi di salsedine
come uno scoglio e invece di tornare indietro alla ricerca della sua bellezza
perduta, affonda. Senza ritmo, senza sorriso, senza idee, un autunno tardo con
le foglie macerate a terra.