Oggi il
Bellinzona ha finalmente ufficializzato l’arrivo del nuovo allenatore Joao
Paiva e di ben dieci nuovi giocatori (Nicolò Di Benedetto, Kevin Guidotti,
David Gocic, Tommaso Centinaro, Simone Musumeci, Robin Wildhaber, Ignacio
Beltramelli, Emiliano Mozzone, Martin Bueno e Eric Tia).
Tanti giovani da
ogni parte della Svizzera e non solo, per un mix che si spera possa rivelarsi
vincente.
Perché se questa
non è una vera e propria rivoluzione, poco ci manca.
Con la società
che negli scorsi giorni è passata in mano alla Supergoal di Pablo Bentancur, inizia
nella capitale una nuova éra. E questo nonostante non ci sia ancora il nome del
nuovo presidente.
Paolo Righetti
resta in sella fintanto che non si sarà trovato il suo sostituto e chissà che
un giorno decida di vendere anche le sue quote: le uniche, a parte l’1% simbolico
in mano a Delcò, che ancora mancano a Bentancur.
Le curiosità di
questi tempi vanno di pari passi con le incognite, che sono spesso vicine parenti delle preoccupazioni. Perché le
novità, se da una parte affascinano, dall’altra spaventano.
Come ha detto
ieri Righetti, la vecchia società era ormai arrivata al capolinea. Sia di forze
economiche che di energie. Un gruppo di dirigenti che aveva forse fatto, almeno
questa è la sensazione, un paio di stagioni di troppo.
Bravissimi a
riprendere in mano una società fallita dopo la disgraziata gestione Giulini, la
dirigenza indigena è riuscita a riportare in pochi anni il Bellinzona alla
soglia della Swiss Football League. Un onere che non tutti si sarebbero accollati
e per cui meriteranno la gratitudine eterna.
È ovvio che con
Bentancur, procuratore di fama mondiale, le cose sono destinate a cambiare.
Pablo è uno abituato
a vivere il calcio ai più alti livelli e nonostante abbia già avuto nel suo curriculum
cinque società, l’avventura bellinzonese non si preannuncia per niente facile.
Ne è ovviamente
cosciente anche lui e da uomo che non è mai fuggito nemmeno davanti alle sfide più
complicate, farà di tutto per vincere anche questa. E se non è scontato che un
buon procuratore sia anche un buon dirigente, soprattutto in una realtà diffidente
e ferita come quella bellinzonese, è anche vero che la sua esperienza e il suo
entusiasmo potranno essere un propellente fondamentale. Almeno nella fase
iniziale del suo progetto.
Di consigli è
difficile dargliene, anche perché pochi in Svizzera possono vantare la sua
esperienza nel calcio.
Se proprio ci
obbligassero, allora gli diremmo, con tutto l’affetto del mondo, di aver
pazienza. Di costruire dalle fondamenta, di diventare credibile con il tempo e
possibilmente di coinvolgere la gente del posto.
Poi il calcio è
anche fortuna: trovare l’allenatore giusto, creare quell’intesa tra i giocatori
e caricare l’ambiente. Di intrugli segreti o misteriosi non ce ne sono: chiedere
all’Italia di Mancini.
Il tempo per
rilanciare il Bellinzona, per fortuna, c’è ancora. Bentancur ha una grossa
responsabilità: non è quella di vincere, almeno non nell’immediato. Ha la
responsabilità di ridare credibilità a una società storica che merita
finalmente di ritrovare l’orgoglio perduto e una certa stabilità. Sembra facile
ma non lo è.
Ecco perché è
impossibile, in questo momento, non fare il tifo per lui.