Le valigie sono
quasi pronte (“questa volta dovrò metterci dentro molte più cose per gli
allenamenti”) e domani finalmente si parte.
L’attesa sta per
finire, l’avventura entra nel vivo.
Ricky
Petrucciani, 21 anni, sembra la persona più serena del mondo seduto al tavolino
del ristorante Mary nel centro di Lugano.
Sembra un turista
arrivato in Ticino per godersi il sole e il paesaggio e non certo uno che tra
una decina di giorni dovrà sfidare a Tokyo i migliori al mondo nei 400 metri.
Forse la sua
forza risiede proprio in quella serenità che riesce a trasmettere anche a chi è
seduto al suo stesso tavolo.
Ogni tanto dà uno
sguardo a suo papà Maurizio, legato da un feeling che sembra andare al di là
del rapporto padre-figlio e che travalica nell’amicizia e nella fiducia più
totale.
Ma Ricky
Petrucciani, da uno a cento, quanto è pronto per questa prima esperienza
olimpica?
“Direi duecento”.
Non lo dice per
fare una battuta, ti guarda negli occhi ed è veramente convinto.
“Non sono mai
stato così bene come in questo periodo, sia fisicamente che emotivamente. Gambe
e cervello vanno che è un piacere, non mi ricordo di aver mai vissuto una simile
sensazione”.
Il record europeo
under 23 dei 400 metri conquistato un paio di settimane fa a Tallin è stato la
stura per questo carico di fiducia.
“Ovviamente certi
risultati ti mettono addosso una carica incredibile. Vedere quegli atleti che
una volta arrivavano davanti a me e che adesso sono dietro ti fa capire che
stai facendo la cosa giusta”.
Dopo un 2020
difficile, nel 2021 Ricky ha deciso di cambiare marcia. L’ha fatto prima nella
sua testa, poi in pista.
“Ho cambiamento
mentalità, sono riuscito a mettere maggiormente la testa negli allenamenti. Ad
inizio anno sentivo addosso una voglia di riscatto e sapevo che avrei potuto
fare il clic”.
I “segreti” di
questa esplosione sono tanti: talento certo, ma non solo.
“Da un mesetto
lavoro con il mental coach Giona Morinini, che mi ha aiutato a rilassarmi e
divertirmi durante la gara. Ho modificato la mia alimentazione e dal punto di
vista tecnico sto raccogliendo i frutti degli allenamenti al centro OYM di Cham
con il mio allenatore Flavio Zberg che ha saputo pianificare benissimo il
lavoro a lungo termine”.
Creare un atleta
di questo livello costa: a livello di tempo ma ovviamente anche a livello economico.
Lo sa la famiglia, lo sa la federazione. Per fortuna ora ci sono gli sponsor
(su tutti UBS, Schulthess e fondazione OYM).
“Dopo gli ultimi
risultati è un po’ più facile trovare qualcuno che mi dia una mano dal profilo
finanziario. Adesso sono più richiesto, rilascio interviste e anche per gli
sponsor la visibilità è cresciuta”.
Sono lontani i
tempi in cui, nonostante i 25 titoli vinti a livello svizzero nelle varie specialità,
erano pochi quelli che si interessavano alle sue performances. Adesso Ricky è
un “personaggio”.
“Onestamente
questa cosa non mi fa nessun effetto, non avverto lo stress, ho soltanto
bisogno di organizzare le varie interviste e ogni tanto mi tocca anche dire di
no. Ci sono momenti in cui devo ritrovare i miei spazi e la mia concentrazione”.
A Tokyo, tra
covid e l’assenza di pubblico, sarà un’Olimpiade particolare.
“Il pubblico
aiuta sempre, può darti quella spinta per migliorarti ancora. Oltretutto c’è
sempre il rischio dei controlli per il virus e perciò bisogna stare molto
attenti. Io comunque devo pensare soltanto a correre senza farmi distrarre da
altre cose”.
L’obiettivo è
chiaro.
“Sarei contento
di raggiungere le semifinali e se possibile battere il record svizzero. In
fondo mi mancano soltanto tre centesimi”.
A 16 anni disse
al padre che un giorno sarebbe andato alle Olimpiadi. Il padre sorrise, come
fanno spesso i padri che non vogliono spezzare i sogni dei figli. Cinque anni
dopo, aveva ragione Ricky. E ora il padre sorride, ripensando a quel momento.
Ricky lo spiega.
“L’ho detto
perché forse avevo bisogno di una sfida con me stesso. Mi rendo conto che in
quel momento l’avevo sparata un po’ grossa ma con il tempo quella frase è
diventata uno stimolo”.
È giovane, ha
tutta una carriera davanti (“voglio correre ancora almeno dieci anni”), eppure
ha già le idee chiare anche sul suo futuro.
“Mi piacerebbe
allenare un giorno i giovani talenti oppure diventare un fisioterapista”.
Sui blocchi di partenza
cercare di restare concentrato e non pensare al Ticino che farà tifo per lui.
Ma una dedica per questo traguardo la vuol comunque fare. Si volta alla sua
sinistra e guarda papà Maurizio.
“Lui è quello che
ci ha creduto di più, mi ha sempre spronato a dare il massimo. Mia mamma, come
quasi tutte le mamme, era più preoccupata per lo studio. Adesso ovviamente è molto
contenta anche lei…”.
E come non
esserlo?
Vai Ricky, corri
veloce…
(foto Putzu)