ATLETICA LEGGERA
A Tokyo con una valigia piena di speranze
Ricky Petrucciani parte domani per la sua prima Olimpiade
Pubblicato il 21.07.2021 08:33
di Luca Sciarini
Le valigie sono quasi pronte (“questa volta dovrò metterci dentro molte più cose per gli allenamenti”) e domani finalmente si parte.
L’attesa sta per finire, l’avventura entra nel vivo.
Ricky Petrucciani, 21 anni, sembra la persona più serena del mondo seduto al tavolino del ristorante Mary nel centro di Lugano.
Sembra un turista arrivato in Ticino per godersi il sole e il paesaggio e non certo uno che tra una decina di giorni dovrà sfidare a Tokyo i migliori al mondo nei 400 metri.
Forse la sua forza risiede proprio in quella serenità che riesce a trasmettere anche a chi è seduto al suo stesso tavolo.
Ogni tanto dà uno sguardo a suo papà Maurizio, legato da un feeling che sembra andare al di là del rapporto padre-figlio e che travalica nell’amicizia e nella fiducia più totale.
Ma Ricky Petrucciani, da uno a cento, quanto è pronto per questa prima esperienza olimpica?
“Direi duecento”.
Non lo dice per fare una battuta, ti guarda negli occhi ed è veramente convinto.
“Non sono mai stato così bene come in questo periodo, sia fisicamente che emotivamente. Gambe e cervello vanno che è un piacere, non mi ricordo di aver mai vissuto una simile sensazione”.
Il record europeo under 23 dei 400 metri conquistato un paio di settimane fa a Tallin è stato la stura per questo carico di fiducia.
“Ovviamente certi risultati ti mettono addosso una carica incredibile. Vedere quegli atleti che una volta arrivavano davanti a me e che adesso sono dietro ti fa capire che stai facendo la cosa giusta”.
Dopo un 2020 difficile, nel 2021 Ricky ha deciso di cambiare marcia. L’ha fatto prima nella sua testa, poi in pista.
“Ho cambiamento mentalità, sono riuscito a mettere maggiormente la testa negli allenamenti. Ad inizio anno sentivo addosso una voglia di riscatto e sapevo che avrei potuto fare il clic”.
I “segreti” di questa esplosione sono tanti: talento certo, ma non solo.
“Da un mesetto lavoro con il mental coach Giona Morinini, che mi ha aiutato a rilassarmi e divertirmi durante la gara. Ho modificato la mia alimentazione e dal punto di vista tecnico sto raccogliendo i frutti degli allenamenti al centro OYM di Cham con il mio allenatore Flavio Zberg che ha saputo pianificare benissimo il lavoro a lungo termine”.
Creare un atleta di questo livello costa: a livello di tempo ma ovviamente anche a livello economico. Lo sa la famiglia, lo sa la federazione. Per fortuna ora ci sono gli sponsor (su tutti UBS, Schulthess e fondazione OYM).
“Dopo gli ultimi risultati è un po’ più facile trovare qualcuno che mi dia una mano dal profilo finanziario. Adesso sono più richiesto, rilascio interviste e anche per gli sponsor la visibilità è cresciuta”.
Sono lontani i tempi in cui, nonostante i 25 titoli vinti a livello svizzero nelle varie specialità, erano pochi quelli che si interessavano alle sue performances. Adesso Ricky è un “personaggio”.
“Onestamente questa cosa non mi fa nessun effetto, non avverto lo stress, ho soltanto bisogno di organizzare le varie interviste e ogni tanto mi tocca anche dire di no. Ci sono momenti in cui devo ritrovare i miei spazi e la mia concentrazione”.
A Tokyo, tra covid e l’assenza di pubblico, sarà un’Olimpiade particolare.
“Il pubblico aiuta sempre, può darti quella spinta per migliorarti ancora. Oltretutto c’è sempre il rischio dei controlli per il virus e perciò bisogna stare molto attenti. Io comunque devo pensare soltanto a correre senza farmi distrarre da altre cose”.
L’obiettivo è chiaro.
“Sarei contento di raggiungere le semifinali e se possibile battere il record svizzero. In fondo mi mancano soltanto tre centesimi”.
A 16 anni disse al padre che un giorno sarebbe andato alle Olimpiadi. Il padre sorrise, come fanno spesso i padri che non vogliono spezzare i sogni dei figli. Cinque anni dopo, aveva ragione Ricky. E ora il padre sorride, ripensando a quel momento. Ricky lo spiega.
“L’ho detto perché forse avevo bisogno di una sfida con me stesso. Mi rendo conto che in quel momento l’avevo sparata un po’ grossa ma con il tempo quella frase è diventata uno stimolo”.
È giovane, ha tutta una carriera davanti (“voglio correre ancora almeno dieci anni”), eppure ha già le idee chiare anche sul suo futuro.
“Mi piacerebbe allenare un giorno i giovani talenti oppure diventare un fisioterapista”.
Sui blocchi di partenza cercare di restare concentrato e non pensare al Ticino che farà tifo per lui. Ma una dedica per questo traguardo la vuol comunque fare. Si volta alla sua sinistra e guarda papà Maurizio.
“Lui è quello che ci ha creduto di più, mi ha sempre spronato a dare il massimo. Mia mamma, come quasi tutte le mamme, era più preoccupata per lo studio. Adesso ovviamente è molto contenta anche lei…”.
E come non esserlo?
Vai Ricky, corri veloce…
(foto Putzu)