L’emozione era
tanta, seduto lì in panchina, alla sua prima convocazione in Super League.
Il giovanissimo
portiere Attilio Morosoli, 16 anni e mezzo, non dimenticherà mai il 25 luglio
2021 e la sfida di Cornaredo contro lo Zurigo.
Riserva di
Baumann, era pronto a entrare in qualsiasi momento. Poi non è successo, ma l’emozione
e la tensione di stare lì, in mezzo ai “grandi”, è qualcosa che ti resta sulla
pelle. Per giorni e giorni.
“Ero molto
emozionato per questa mia prima panchina: è un onore poter ricoprire quel ruolo
alla mia giovanissima età. La notte prima ho fatto un po’ fatica ad addormentarmi,
sapevo che Osigwe non era al cento per cento e che forse potevano convocarmi.
Poi sabato, il giorno prima della partita, è arrivata l’ufficialità ed è stato
un bel momento”.
In panchina non
si è mai tranquilli, si è sempre pronti a entrare.
“Non si pensa a
un infortunio del compagno ma quando l’ho visto tuffarsi un paio di volte come
fa lui, ho temuto che potesse farsi male. Dalla panchina si soffre moltissimo e
quando l’ho visto subire quei due gol, tra l’altro imparabili, mi è spiaciuto
per la squadra e soprattutto per lui”.
In questi momenti,
in cui i tanti sforzi sfociano finalmente nelle prime grande soddisfazioni, è
facile tornare indietro ai primi passi.
“Ho iniziato
quando avevo soli tre anni nella scuola calcio del FC Lugano e per qualche anno
non ho pensato che sarei diventato portiere. Poi un giorno, nelle giovanili,
mancava un portiere e sono finito in porta. Mi è piaciuto e da lì non sono più
uscito”.
Anche da giovani
il ruolo del portiere resta comunque delicato.
“Sappiamo che se
sbagliamo noi prendiamo gol ma onestamente io ci convivo bene con questa
responsabilità. Anzi, devo dire che mi piace. Ci vuole tanta autostima e almeno
per il momento questa non mi manca”.
Autostima di cui
Attilio ha fatto il pieno in un momento particolare.
“È iniziato tutto
quando avevo 8-9 anni in un Milan Camp organizzato a Melide. Un allenatore dei
portieri del Milan mi ha detto che secondo lui potevo avere un bel futuro e quella
è stata senza dubbio una spinta importante. Ogni tanto ci ripenso”.
Nel Team Ticino ha
avuto la fortuna di essere allenato da Riccardo Di Benedetto.
“È un allenatore
che mi ha insegnato tanto, soprattutto il gioco con i piedi, dove lui è
veramente molto bravo. Ormai in futuro i portieri dovranno saper giocare sempre
in questa maniera e anche qui a Lugano, con mister Braga, si punta molto su
questo aspetto. A me piace molto diventare in certi momenti un difensore
aggiunto”.
Questo mese agli
ordini di Braga, in una squadra di Super League, la preparazione è stata
ovviamente diversa rispetto al passato.
“Rispetto al Team
Ticino c’è stata ovviamente tanta differenza: con Redaelli, preparatore dei
portieri della prima squadra, è stata veramente dura a livello fisico. Non me l’aspettavo
così. Alle 8 di sera ero già stanchissimo e andavo a dormire. Non mi era mai
successo. Ora però sono contento perché mi sento molto bene a livello fisico”.
Anche lavorare a
fianco di un portiere come Baumann ovviamente lo ha aiutato.
“È bello
allenarsi con gente così: lui mi parla tanto, mi ha dato tanti consigli
importanti. È un grande portiere, per un giovane come me è da prendere come
esempio”.
Il suo idolo però è un altro.
“Il mio è sempre
stato il portiere della nazionale Sommer, un po’ troppo sottovalutato. Non è
altissimo, come me, ma è molto bravo con i piedi, è esplosivo e ha una grande
personalità”.
A proposito di nazionali,
Attilio dopo la Under 16 e 17, ora veste la maglia rossocrociata dell’Under 18.
“È un grande
onore vestire la maglia della nazionale, essere nello spogliatoio con i
migliori giocatori di tutta la Svizzera. Quando la indossi senti una certa
emozione e anche un po’ di ansia”.
A Lugano in
questi giorni è rientrato Osigwe e per Attilio non ci dovrebbe più essere
spazio in panchina. E allora cosa farà?
“Gli allenatori
della nazionale preferiscono che giochi con l’Under 18 del Team Ticino e non con
l’Under 21. Per me onestamente cambia poco. A quest’età è importante giocare. Intanto
mi tengo l’emozione della convocazione e la possibilità di allenarmi con la
prima squadra. Poi vedremo…”.
Alla sua età non
c’è fretta: si può crescere con calma e senza troppe pressioni.
Avanti così
Attilio.