TOKYO 2020
Umano, troppo umano
Quando l'ansia blocca anche i campioni
Pubblicato il 28.07.2021 09:44
di Angelo Lungo
Le Olimpiadi sono nate sotto il segno dello scetticismo. Giapponesi freddi per una manifestazione che si svolge senza pubblico e senza la pressione dei tifosi: quella che può inibire. Eppure la rassegna non sta deludendo, nonostante la bolla in cui sono immersi gli atleti stanno esprimendo se stessi. Sono loro i veri protagonisti: vincitori e vinti. Sportivi che fanno sacrifici, allenamenti estenuanti, vite ritirate, controllo ferreo dell'alimentazione, con un obiettivo: presentarsi al meglio in un appuntamento unico e che raramente concede seconde occasioni. Sono ragazzi davanti a un impegno che rappresenta l'apice di una carriera. Cinque anni nella vita di un agonista rappresentano un'eternità, una lunga attesa, la speranza che tutto proceda per il meglio e che non ci siano ostacoli. Ecco la motivazione che spinge, che sprona ad andare avanti senza esitazione. Atleti che sono super controllati: la scienza è diventata un supporto essenziale.
Arriva la gara.
E l'interiore può esplodere, il flusso del soffio si interrompe: tutto diventa pesante, opprime e blocca.
La ginnasta Simone Biles, una fuoriclasse, all'improvviso si è ritirata durante la gara a squadre. Un autentico crollo emotivo. Dimostrando la sua grandezza non ha accampato scuse. Ha sentito che dentro di lei all'improvviso qualcosa si era rotto. Ha ammesso che vuole concentrarsi sul suo stato mentale, la priorità è la sua salute, il suo benessere. Una confessione dignitosa: ecco ora, sul piano sportivo, sono debole. La fiducia che viene meno, il nervosismo che attanaglia. Lei ha parlato di demoni nella testa.
La tennista giapponese Naomi Osaka è la numero due del ranking mondiale, capace di vincere quattro tornei dello Slam, ritenuta una delle favorite. Fuori agli ottavi: in lacrime. Dall'aspettativa di assurgere a eroina nazionale, a una cocente delusione. La sconfitta l'ha definita uno “schifo”. Troppo forte la tensione e la consapevolezza che non ha saputo reggere alla pressione.
La paura è un meccanismo di difesa, di adattamento, in assenza di un reale pericolo si sviluppa l'ansia. Molti atleti danno il loro meglio in allenamento, non riuscendo a ripetersi al momento della competizione.
E poi c'è la sfrontatezza della gioventù: quando i pensieri non sono ancora complessi, sono leggeri e consentono di volare.
Nell'inedita disciplina dello skateboard femminile, l'oro è andato a una tredicenne giapponese, l'argento a una brasiliana anche lei tredicenne, il bronzo a una giapponese sedicenne. Un podio che conta 42 anni in tre.
Spiega lo pischiatra Eugenio Borgna. “Dovremmo sapere che nella vita non tutto è dicibile, e non tutto è esprimibile; e non dovremmo illuderci di potere spiegare i pensieri che abbiamo, e le emozioni che proviamo, con le sole parole chiare e distinte”.