Tokyo 2020
Demoni e pulci
Il caso Biles continua a far riflettere: quando la mente non ce la fa più...
Pubblicato il 28.07.2021 12:10
di Giorgio Genetelli
A complemento dell’analisi del professor Lungo su questo stesso network in merito allo stress subito dagli atleti, vorrei aggiungere un aspetto che secondo me è la radice del male. L’atleta non deve convivere solo con sé stesso, con le sue ansie e le sue aspettative, ma è confrontato con la pressione di tutto un mondo, che pensa sia il suo e che invece è solo come le pulci del cane alla catena.
Parenti, procuratori, dirigenti, allenatori, dotti medici e sapienti, compagni e compagne, psicologi, santoni a vario titolo, amici, giornalisti, social media, sponsor, federazioni: sono le categorie, e ne dimentico qualcuna, che stanno sopra, sotto, dentro e in giro all’atleta, lo spronano spesso oltre i suoi limiti fino a trasformarsi, loro, in demoni tentatori (forse gli stessi a cui allude la giovane Biles) nella speranza che primeggi e che quindi “cacci il grano” come una mula da trasporto.
Le stesse Olimpiadi sono un mix di ipocrisia: niente pubblicità ma professionismo spinto e legalizzato, non come quando non si poteva e i militari sovietici vincevano tutto da dilettanti finti. Lasciamo pure stare De Coubertin, che anche un qualsiasi ragazzo o ragazza può dire che il professionismo è un bello schifo ed è perfino di pessimo esempio per i dilettanti (capitolo a parte, le emulazioni).
L’indotto economico dello sport è il motore, il nutrimento, di tutte le pulci elencate e al cane non rimane che mangiare dalla scodella, grattarsi e dormire nella cuccia, senza abbaiare che poi i vicini reclamano.
C’è poi, come sempre e in tutte le fasi e le fasce, il popolino che vive per interposta gloria, anch’esso sulle spalle degli atleti e non per niente si chiama “tifoso”, come se fosse preda di una malattia. Il popolino, che ormai è ovunque, spiega e scrive a gran voce che con quello che guadagnano gli atleti non dovrebbero lamentarsi. Che cantino e che vincano. Occhio però, il lamento non è per i loro guadagni, ma è quello che guadagnano le pulci a creare il problema, quello che fa dire a Biles, a Dumoulin, a Osaka e a decine di altri atleti, “ora basta, devo pensare alla mia salute, alla mia vita”.
Il cane strappa finalmente la catena e si butta in acqua per levarsi di dosso le pulci. O nuota o affoga, ma sempre meglio del prurito che lo tiene sveglio anche la notte, con i suoi demoni.