Mai come in questi giorni si è
potuto vedere quanto sia fondamentale la gestione mentale ed emozionale non
solamente per il raggiungimento della performance nella competizione agonistica
ma, soprattutto, per mantenere la giusta costanza ed efficacia per restare ai
vertici. Naomi Osaka, Simone Biles e
Benedetta Pilato, rispettivamente campionesse di tennis, ginnastica artistica e
nuoto hanno, purtroppo o per fortuna, aperto ancor di più gli occhi al grande
pubblico su qualcosa che ancora viene spesso sottovalutato.
Tutte e tre sono arrivate a
Tokyo 2020 da favoritissime per l'oro ma per motivi apparentemente simili, invece
non hanno retto la pressione tanto da fornire prestazioni da “atlete normali”,
decisamente molto al di sotto delle loro reali capacità, che le ha
inevitabilmente portate alla mancanza di risultato. Tutte e tre ammettendo che il
“crollo” è stato causato da un blackout mentale.
Leggete bene queste
dichiarazioni:
“È andato tutto storto, ho
sentito su di me troppa pressione. Per me ogni sconfitta è una delusione, ma
oggi sento che questa delusione fa schifo più delle altre.” (Osaka)
“A volte mi sento davvero come
se avessi il peso del mondo intero sulle mie spalle, so che lo spazzo via e
faccio sembrare che la pressione non mi colpisca, ma dannazione a volte è
difficile Le Olimpiadi non sono uno scherzo” (Biles)
“Non trovo una spiegazione,
prima stavo benissimo e invece dopo i primi 50 ho iniziato a fare una fatica
assurda. Vediamo a mente fredda, in questi giorni avevo l'ansia però oggi stavo
benissimo e non vedevo l'ora di far la gara”. (Pilato)
In quanto mental coach non sono
solito soffermarmi sul cosa è andato storto preferendo, al contrario,
analizzare quale potrebbe essere la giusta attitudine per far si che questo non
accada.
Quando parliamo di sport d'elite
e non solo, cos'è che consente di puntare agli obiettivi con efficacia,
costanza, determinazione? Affrontando innumerevoli sacrifici costituiti da ore
e ore di allenamenti, rinunce nelle relazioni sociali, nella propria dieta
alimentare, nella gestione della propria quotidianità e tanto altro ancora?
La risposta è semplice: la “forza
di volontà”, ovvero il motore che permette di “sopportare” tutto
questo a favore di ciò che proveremo una volta raggiunto l’obiettivo.
Ma la volontà di per sé non è
sufficiente, infatti un motore non potrà mai accendersi senza il carburante.
E allora? Cosa manca per
far si che tutto prenda forma?
Molti risponderebbero: la “motivazione”
ma, non io (ecco spiegato il perché non mi piace essere definito un
motivatore).
Si, perché sicuramente la
motivazione è un fattore importante, in quanto ci permette di accedere alle
risorse più impensate capaci di darci quel “di più” per incrementare anche se
di pochissimo la prestazione ma, la motivazione è a tempo determinato, motivo
per cui la sola motivazione non è sufficiente.
Ed ecco che a questo punto salta
fuori la parola che negli ultimi anni, anche causa pandemia, abbiamo sentito e
letto molte volte ovvero: “resilienza”.
Ma chi realmente ha compreso
di cosa si sta parlando?
Il termine resilienza viene
utilizzato in molti campi, come per esempio nell'ingegneria dove serve a
definire la caratteristica di un determinato materiale di assorbire energia senza
rompersi, oppure nell’informatica dove per resilienza si indica la capacità di
garantire la continuità di servizio da parte di differenti apparati elettronici
interconnessi fra loro, mentre nella biologia per questa parola serve per
spiegare le proprietà di un sistema vivente di tornare al proprio equilibrio
dopo una variazione o danno.
In ambito psicologico la
resilienza è l'abilità di una persona nel reagire in modo efficace alle
difficoltà e di riorganizzare la propria vita (gestione del cambiamento),
riuscendo persino a raggiungere obiettivi importanti. In ambito sportivo, essendo
l'atleta prima di tutto un essere umano, la resilienza è il “carburante” della
forza di volontà.
Una vera e propria fonte
inesauribile che permette di mantenere costanti motivazione e forza di volontà
anche quando i risultati tardano ad arrivare, oppure quando ci si sente
sopraffatti dagli eventi o ancora quando si avrebbe semplicemente voglia di
smettere, di fermare tutto.
È la straordinaria capacità di
rialzarsi dopo una caduta, con l'abilità di capire dove non si è stati efficaci
così da saper apporre i giusti correttivi ed aumentare ancor più l’impegno per
migliorarsi e diventare ancora più bravi in ciò che facciamo.
Perciò, possiamo girarci intorno
quanto vogliamo ma, premesso che l’utopia della perfezione porta al fallimento
mentre la ricerca costante dell'eccellenza conduce al successo, per essere
costanti è necessario sviluppare al meglio forza di volontà e resilienza.
E come posso imparare a
sviluppare al meglio queste caratteristiche?
Imparando a riconoscere e
gestire al meglio le emozioni, così da accogliere, trasformarle ed utilizzarle
con efficacia. Tornando a provare gioia e amore nel fare quello che ci riesce
di più, senza lasciarsi distrarre da false aspettative, pressioni, stress ecc.
Tornando a divertirsi come
quando si era bambini.
Questo è quello che auguro a
Naomi, Simone, Benedetta e a chiunque potesse trovarsi in una situazione
simile.