CALCIO: INTERVISTA AL NOTO GIORNALISTA DI MEDIASET TRA PASSATO, PRESENTE E FUTURO
Pistocchi: "Questo non è calcio vero..."
Il MIlan capolista, Ronaldo, i grandi allenatori e... Mediaset
Pubblicato il 07.01.2021 12:33
di Luca Sciarini
È uno dei volti più conosciuti del giornalismo sportivo italiano.
È stato protagonista di trasmissioni indimenticabili di Mediaset come Pressing, Guida al campionato, l’Appello del martedì e tante altre.
Maurizio Pistocchi, 64 anni, è uno che fa sempre discutere. Anche adesso, che lo si vede meno in televisione. O meglio, che non lo si vede più del tutto. Il suo account twitter è però molto seguito e le sue opinioni fanno sempre tendenza.
Pistocchi, da alcuni anni non la si vede più in televisione. Perché?
“Guardi, di questa cosa preferisco non parlare troppo. Dico soltanto che quell’articolo scritto nel 2017 dal Corriere della Sera non fu mai smentito. E con questo chiudo l’argomento”.
Un articolo che diceva, senza mezze misure, che Pistocchi era stato rimosso dai suoi incarichi perché sgradito alla Juventus. Pistocchi attualmente lavora ancora a Mediaset, con ruoli meno “appariscenti”, ma si sussurra che le loro strade potrebbero presto dividersi.
Il diretto interessato non conferma ma alla domanda se prossimamente lo vedremo un po’ di più in televisione, replica:
“Un po’ più di niente sarebbe già qualcosa. A parte gli scherzi, non è la visibilità che mi interessa, ma poter fare il mio lavoro, liberamente e con coscienza, come credo di aver sempre fatto. Se potrò farlo a Mediaset bene, altrimenti vedremo…”.
Intanto però le sue opinioni sono sempre molto ascoltate dal mondo dei social.
“Ho un account twitter su cui scrivo soprattutto di sport ma non solo. Mi diverto e amo interagire con la gente”.
Visto che ama il calcio, parliamone un po’. Cosa ne pensa di questo calcio nell’era del Covid?
“Per me questo non è calcio. Il calcio è lo sport del popolo, in cui può diventare un fenomeno un bambino povero nato a Buenos Aires o uno ricco cresciuto nel centro di Milano. E senza gente manca l’aspetto principale”.
Sì, capisco, ma alla fine si gioca sempre su un campo in 11 contro 11, no?
“Certo, ma i risultati sono condizionati dalla mancanza del pubblico. Ci sono giocatori che si esaltano solo con il tifo della gente e chi invece ne rimane condizionato. I risultati di quest’anno, ma non solo in Italia, dimostrano che questo è un calcio diverso dal passato”.
Anche in Italia la corsa per lo scudetto è apertissima.
“Direi che dopo 9 anni di egemonia juventina, a parte la concorrenza del Napoli nel 2018, è bello vedere un campionato più equilibrato. Ritrovare Milan e Inter lottare per lo scudetto non può che far bene a tutto il movimento calcistico italiano”.
Stupito dal Milan primo in classifica?
“Lo considero un piccolo miracolo sia dal punto di vista tecnico che societario, se pensiamo che ha il quinto monte ingaggi del campionato. 90 milioni contro i 236 della Juventus, i 146 dell’Inter o i 105 del Napoli”.
Merito di Maldini?
“Sta facendo molto bene dopo un esordio difficile. Io nell’ottobre del 2019 scrissi che lui e Boban avrebbero dovuto dare le dimissioni. Sbagliarono clamorosamente con l’allenatore e la squadra stava andando male. Dopo l’addio di Boban però si è ripreso e con l’arrivo di Ibrahimovic e qualche mossa azzeccata di mercato sta riportando in alto il Milan”.
Il Milan di Ibra e Pioli…
“Non sono mai stato un grande estimatore di Pioli, in passato sempre esonerato. Però con Ibra e alcuni altri buoni innesti sembra aver dato una identità alla squadra. Ibra? Dal punto di vista emozionale non ne farei mai a meno. Ha una leadership tecnica e temperamentale assolutamente indispensabile per questa squadra. Per il futuro gli farei un contratto a gettone o eventualmente lo vedrei bene come Team Manager. Vederlo almeno in panchina è sempre rassicurante”.
Ieri sera però i rossoneri hanno perso contro la Juve.
“È vero, eppure se fossi un tifoso del Milan sarei molto contento di ciò che ho visto. Il Milan ha giocato un calcio coraggioso e aggressivo. Alla fine la Juve ha vinto meritatatamente, anche perché i cambi hanno fatto la differenza. I bianconeri avevano in panchina giocatori del valore di 40 milioni di euro”.
Le piace Ronaldo? Cos’ha portato al campionato italiano?
“Ronaldo è un grande giocatore, uno che fa 758 gol non si può discutere. Direi che è stato lui a prendersi la Juventus e non il contrario. Nessuno gli avrebbe offerto i soldi che voleva in quel momento ma dal punto di vista sia tecnico che economico non è stato un grande affare. La Juventus ha dovuto fare un aumento di capitale di 300 milioni, già quasi tutti bruciati anche causa anche della pandemia. Dal punto di vista tecnico Rolando continua ad essere un grande protagonista di un calcio che ormai è diventato però “minore”. Tecnicamente la Serie A è inferiore a Liga, Premier, Bundesliga e anche Ligue 1. Da dieci anni le italiane non vincono più nulla. Non dimentichiamocelo”.
Un altro personaggio sempre molto discusso è Conte: cosa ne pensa?
“Trovo che sia molto bravo. L’anno scorso è arrivato secondo e in finale di Europa League. Ha portato all’Inter una cultura del lavoro e una mentalità che prima non c’erano. Quest’anno c’è il rimpianto della Champions, ma è stato anche sfortunato con quei due pareggi contro lo Shaktar Donetsk”.
I tifosi dell’Inter però non sono contentissimi. Guadagna 12 milioni e fa giocare poco Eriksen.
“Come mai nessuno parla allora dei 14,5 milioni che guadagna Eriksen? L’anno scorso Conte lo schierò 11 gare da titolare e non fece mai la differenza e forse quelle scelte gli fecero perdere lo scudetto. Purtroppo Conte ha provato ha inserirlo nel suo gioco ma non ci sta. È già successo in Italia e non solo. Ricordiamoci di Davids e Vieira che andarono via dal Milan, Pirlo dall’Inter o Henry dalla Juve”. Conte è un ideologo, come Gasperini e vuole giocatori adatti al suo progetto. La società deve andargli dietro e non è sempre facile”.
Anche Arrigo Sacchi era un ideologo e fece molto bene.
“Ci riuscì grazie a Berlusconi che si mise contro la stampa italiana dopo la sconfitta in Coppa Uefa contro l’Espanol e rinnovò la fiducia a Sacchi davanti a tutta la squadra. Sacchi vinse tanto ma soprattutto segnò una nuova epoca, influenzando negli anni allenatori come Lippi, Guardiola e Klopp”.
Tra l’altro Lei Sacchi lo conosce molto bene, vero?
“Sono stato il suo assistente-accompagnatore quando allenava le giovanili del Cesena. Una volta Arrigo si sentì male prima di una partita e dovetti sostituirlo, molto indegnamente, in panchina”.
Il calcio negli anni è cambiato, ma anche la televisione non è più la stessa. Lei ha avuto la fortuna di poter lavorare al fianco di veri mostri sacri della televisione, come Vianello, Mike Bongiorno, Fiorello, Piccinini o Mosca. E conobbe anche il ticinese Giuseppe Albertini, indimenticato telecronista dell'allora TSI, vero?
“Proprio così. Pep venne a lavorare a Canale 5 e lavorammo assieme durante il Mundialito del 1987. Una persona squisita, dotata di grande cultura e intelligenza. Uno che non aveva bisogno di gridare, come purtroppo fanno invece i telecronisti di adesso.
Con Maurizio Mosca abbiamo anche litigato qualche volta, perché lui era uno che guardava molto i dati d’ascolto e se l’Appello del Martedì perdeva un punto percentuale in una puntata, si arrabbiava tantissimo e non era facile da gestire. Gli ho voluto molto bene, era una persona generosa e reale. Con Vianello avevo un rapporto straordinario. Pensi che in otto anni non mi ha mai chiesto cosa avrei fatto vedere alla moviola. Si fidava ciecamente di me”.
Lei del VAR invece si fida? Insomma, la convince? Una volta era Lei a gestire la moviola in televisione...
"Usato così come lo stanno usando gli arbitri, a cui il VAR non piace, serve a poco. Solo per il fuorigioco e qualche fallo evidente. Se penso alla partita di ieri sera, con il fallo non fischiato a Cahlanoglu su Rabiot che porta al gol del Milan e alla mancata espulsione per doppio giallo di Bentancur, mi dico che qualcosa non funziona. Purtroppo gli arbitri sanno che quando utilizzano il VAR il loro voto si abbassa: penso che il problema nasca tutto da lì".
Chiudiamo parlando (purtroppo) di Covid e di quello che sta succedendo nel mondo. Lei come ha vissuto questo 2020?
“È stato un anno terribile, peggio di una guerra. In una guerra sai chi è il nemico, qui non lo si conosceva. I governi non sapevano cosa fare e i medici come trattare il virus. Io abito vicino all’ospedale San Raffaele di Milano e sentivo giorno e notte le sirene delle ambulanze. Credo che soltanto i vaccini potranno risolvere questa pandemia, sperando che si rivelino veramente efficaci”.
Ne usciremo diversi e tutti più buoni da questo 2020?
"Assolutamente no. Ne usciremo più poveri e la povertà non è mai migliorativa. Anzi, credo che la gente diventerà più cattiva e egoista".